I caratteri dell’architettura vernacola
Il sito UNESCO Costiera Amalfitana presenta un ampio patrimonio architettonico che rimanda ai caratteri tipici dell’arte di costruire antica.
È un patrimonio diffuso, che caratterizza soprattutto le zone di passaggio tra le aree agricole e quelle boschive: case coloniche, ricoveri per animali, edifici per la trasformazione dei prodotti agricoli, terrazzamenti.
Queste costruzioni mostrano alcuni caratteri comuni. Innanzitutto, cercano di sfruttare l’appoggio alla parte rocciosa o comunque alla struttura più solida del suolo, un aspetto che presenta diversi vantaggi: la roccia alle spalle riduce le giornate di lavoro e le materie prime da utilizzare per la costruzione e le opere di fondazione; è più sicura in caso di sisma..
Un’altra costante è il materiale di costruzione: la stessa pietra estratta per regolarizzare il piano di imposta della costruzione. I blocchi, grossolanamente sbozzati, vengono posti in opera legati con una malta di calce e spessissimo pozzolana, molto abbondante in quest’area per la vicinanza con il complesso vulcanico Monte Somma – Vesuvio. L’intera opera muraria viene, infine, ricoperta con intonaco ottenuto dei residui lapidei triturati: una tecnologia che conferisce alla costruzione lo stesso colore delle pareti rocciose nelle vicinanze.
La tipologia delle case coloniche, che comprendevano anche la parte destinata alla trasformazione dei prodotti agricoli, è assolutamente standard: al piano interrato (quello ottenuto dallo scasso nella roccia) era presente una cisterna per la raccolta dell’acqua meteorica o di sorgente; al piano terra c’era l’ingresso che conduceva alla cucina (solitamente con il corpo avanzato dei servizi igienici) e alle stanze adibite a stalle e a cantine; al piano superiore le camere da letto (più spesso unica); la copertura è piana (il “lastrico solare”) coperto a sua volta da un pergolato che accoglieva la vite. Una articolazione aveva una sua spiegazione: la cucina era la stanza che aveva bisogno dell’uso dell’acqua, così come le cantine o la stalla, e quindi era più vicina alla cisterna. Inoltre, tutti i locali del piano terra generavano calore (in cucina il focolaio era sempre acceso, nelle cantine spessissimo veniva utilizzato il fuoco, nelle stalle gli animali stessi producevano calore); la/e stanza/e al piano superiore godevano di questo riscaldamento indotto e d’inverno il pergolato spoglio permetteva il soleggiamento del lastrico e quindi il riscaldamento delle stanze al piano sottostante.
I ricoveri per gli animali, invece, solitamente erano ricavati regolarizzando le grotte, attraverso la costruzione del solo muro esterno, con la porta di accesso, e di qualche recinto di legno dove tenere gli animali quando non potevano essere portati al pascolo.
Le strutture destinate esclusivamente alla trasformazione dei prodotti agricoli o al riparo degli strumenti di lavoro, si trovano raramente isolate; in genere venivano ricavate all’interno dei muri a secco di terrazzamento che sostenevano un’area agricola abbastanza ampia. Sono le cosiddette “revote”, vani a copertura a volta che penetrano nel terrazzamento stesso e che venivano realizzati al momento della costruzione della macera. In rari casi nella volta è visibile l’impronta dell’ incannucciata utilizzata nella sua realizzazione.