I luoghi dei viaggiatori, dei pittori, del cinema
La Costiera Amalfitana è stata meta di numerosi viaggiatori illustri che nel corso dei secoli hanno scelto di arrivare fin qui alla ricerca di qualcosa che potesse soddisfare il loro bisogno di unicità.
La Costiera Amalfitana non è entrata subito nei percorsi del Grand Tour, il fenomeno che coinvolse migliaia di rappresentanti dell’aristocrazia europea a partire dal XVII, soprattutto per una posizione geografica lontano dalle vie che congiungevano i luoghi di interesse. Anche se in ritardo, tuttavia, riuscì ad attrarre personaggi che qui trovarono ispirazione per le loro opere. O, semplicemente, quiete per il loro animo. Offriva infatti paesaggi che conservavano gli elementi cari all’ispirazione del Romanticismo europeo: la natura incontaminata delle vallate, le rovine industriali coperte dalla vegetazione, l’autenticità degli abitanti. Insomma un luogo che sembrava essere rimasto alla periferia dell’evoluzione conservando intatto il carattere originario.
L’arrivo in Costiera era esso stesso un’avventura, uno sfidare la natura contando sulle proprie forze. La strada costiera sarebbe stata terminata nella seconda metà del 1800 e, quindi, o si dovevano attraversare le montagne che chiudono ad arco il territorio o imbarcarsi a Vietri e poi raggiungere a piedi o su animali da soma i vari centri che si aprivano a mezza costa.
Ancora a metà del 1800 lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius nel suo “Pellegrinaggi in Italia” poteva scrivere delle atmosfere intatte della Costa con queste parole: “Entrammo poi nell’antica Ravello e ad un tratto in mezzo a queste rocce selvagge, ci trovammo dinanzi ad una città moresca che con le sue torri e case dai fantastici arabeschi offriva un aspetto completamente arabo. Essa è costruita in tufo nero, isolata ed abbandonata nel deserto verdastro della montagna. Qui il mondo è scomparso; non vi è niente altro che alberi e rocce. Al di sotto di noi, a distanza irreale, il mare purpureo.” (Trad. E. Imperatore). Alla fine del 1800 un altro tedesco, il compositore Richard Wagner, resta ammaliato dalle architetture della Villa Rufolo, tanto da ispirargli la labirintica struttura del giardino del Mago Klingsor nel Parsifal.
I pittori trovarono ispirazioni per i loro quadri percorrendo con i loro strumenti di lavoro sentieri più o meno nascosti lasciandoci testimonianze di cieli limpidi il cui azzurro si confondeva con il blu del mare e di valli che apparivano la copia perfetta di quelle immaginate per l’Eden.
Anche i centri urbani ispiravano i viaggiatori: le loro linee che sembravano incrociarsi ad ogni angolo, i vicoli che apparivano ai nord-europei più cunicoli che strade, le scale che diventavano percorsi verso l’alto, verso la luce abbagliante del sole. Ed ecco che ancora nei primi decenni del 1900 l’incisore e grafico olandese Maurits Cornelis Escher, che qui soggiornò più volte, trasformò quelle linee in opere d’arte fondendo il graficismo della sua tecnica alla realtà dell’urbanistica locale.
Ma la Costiera Amalfitana fu anche rifugio. Ritiro sicuro per chi fuggiva dai totalitarismi del Novecento ai quali si opponeva con la forza della propria formazione intellettuale. I pittori tedeschi e russi riuscirono a creare quasi una piccola comunità a Positano, ad Amalfi, a Vietri, trasferendo nei colori solari della Costa il linguaggio artistico appreso in patria.